Tuesday, March 16, 2010

Software Libero: condivisione digitale


In preparazione al prossimo Congresso Nazionale FUCI, approfondiamo un'esperienza molto forte presente oggi nel campo dell'informatica, che promuove la libertà e la condivisione in opposizione a una logica prettamente finanziaria del mondo digitale.

Nel panorama complesso e sempre cangiante dell'informatica emerge da diversi anni una forte corrente di pensiero, detta del "Software Libero". Nata negli anni '80 a partire da gruppi di hacker e patiti del digitale, e pur con diverse interpretazioni tra i suoi sostenitori, si batte per un'idea collaborativa e solidale del mondo.
Questo modo di pensare si esprime a partire dal codice sorgente, cioè quella raccolta di istruzioni, scritte in un linguaggio di programmazione, che costruiscono come mattoni ogni applicazione, programma e in generale software che usiamo sui computer. Se il codice sorgente di un programma è liberamente disponibile, chiunque ne abbia adeguate competenze può capire come agisca quel programma, e potrebbe modificarne qualche aspetto a seconda dei propri bisogni; se d'altra parte il codice non è libero (e detto quindi "chiuso", o "proprietario"), l'utente può usare il prodotto solamente come questo è stato concepito, ignorandone il funzionamento. Questa battaglia per promuovere la pubblicazione del codice sorgente inizia quindi come curiosità per pochi hacker interessati, ma ha implicazioni che sono molto più importanti e toccano il quotidiano di tutti.
Innanzitutto la possibilità di accedere al codice sorgente rende più facile ottenere in modo gratuito un software, dato che a partire dal codice è possibile ricreare il programma. Della maggior parte del software libero è promosso l'utilizzo gratuito: i programmatori creano applicazioni "libere", nel senso che chiunque può scoprire come sono fatte, e usarle gratuitamente (esempi molto conosciuti sono OpenOffice, o il browser web Firefox); in questo caso i creatori del software devono ottenere un compenso in modi differenti dalla vendita, ad esempio tramite il supporto tecnico a pagamento, o a pubblicità veicolata grazie al software (lo stesso modello economico usato dalla televisione). Questo stile di gratuità ha un grande potenziale di solidarietà sociale, in quanto permette a chi ha meno, ad esempio i paesi poveri, di accedere a tecnologia avanzata senza dover spendere eccessivamente.
In secondo luogo, la possibilità di conoscere il codice permette a chiunque di capire come un determinato problema sia stato risolto. Un programma è così sottoposto alla valutazione di molti occhi scrutatori e a una collaborazione di molti per migliorarne i difetti, in modo simile a quanto avviene per l'enciclopedia collaborativa Wikipedia, altro grande esponente di questa filosofia dell'apertura. Questo meccanismo permette inoltre di avere delle certezze sull'effettivo comportamento di un programma, ad esempio per quanto riguarda la sicurezza, la privacy e l'utilizzo di dati sensibili.
Infine, la pubblicazione del codice promuove la creazione di strutture dati standard, ovvero modi di memorizzare tutte le informazioni (dati, documenti, immagini...) che siano fruibili, dato che sono pubbliche. Il classico controesempio è quello del documento in formato Microsoft Word, che non viene aperto correttamente né da programmi concorrenti né da versioni differenti di Office, dato che è in un formato proprietario. Questo problema va a inficiare la grande potenzialità di modifiche e duplicazioni rapide dei documenti digitali, ed è un fenomeno provocato soprattutto da aziende di software che puntano a costringere i propri clienti ad usare solo i propri prodotti per danneggiare la concorrenza e fidelizzare forzosamente gli utenti (fenomeno noto come vendor lock-in).
In generale il mondo del software libero promuove la gratuità, la collaborazione, la condivisione, la trasparenza e la democrazia, opponendosi a un mondo orientato al profitto, in cui le possibilità di una persona siano limitate dalla volontà del potente di turno.


Francesco Grossi

Friday, March 12, 2010

Discussioni sulla fede

Discussioni sulla fede
Risposta ad Alberto

Questo post contiene una risposta alla riflessione di Alberto, che trovate qui. Conviene leggere prima quel post per avere piena comprensione di quanto segue.


Caro Alberto, la tua riflessione sulla religione mi ha coinvolto parecchio, ed ecco qui una risposta da uno che crede in Dio (e più precisamente mi riconosco nel credo Cattolico).
Permettimi di partire da alcune precisazioni su quanto tu scrivi, dato che mi pare che il tuo approccio presenti qualche inghippo.

Per prima cosa, vorrei cominciare con il distinguere la fede dalla religione: la prima è la fiducia verso un Qualcuno che si crede esista (allo stesso modo con cui chiunque ha fiducia nelle persone che ama); la seconda è l'implementazione umana dell'interazione con il trascendente (per qualcuno il trascendente è Dio, per altri un principio, un valore.. per altri ancora lo è il denaro). Mi sembra di capire che le tue osservazioni siano in particolar modo dirette contro la religione, che svierebbe la ragione e i fatti per sostituirla con idee opinabili. Ma dire che "Sono nate così una serie di religioni che a seconda dei casi teorizzano" non rende l'idea del fenomeno religioso: in realtà l'uomo ha sempre avuto bisogno di Dio, come dici tu, per cui ha cercato di avvicinarcisi mediante la religione. La religione è solo un mezzo per concretizzare una relazione con Dio, non è la religione che ha creato Dio per giustificare la propria esistenza (sarebbe un assurdo logico, non trovi?). E questo a prescindere se Dio esista o meno; ma già così guarderei alle religioni con un occhio affettuoso, dato che esprimono da millenni una parte dell'Uomo.

In secondo luogo, mi sorprende trovare tanta teologia nella tua riflessione. Parli di concetti tosti come onnipotenza, onnipresenza, che sono importanti sì, ma non assiomatici per il credente. L'apice dell'esperienza religiosa è la relazione con Dio, relazione fatta di fiducia, amore, rispetto (ora sto parlando specificamente del Cristianesimo) e riconoscimento di Dio nel quotidiano. Niente massimi sistemi: il Cristiano Dio lo vede in chi incontra, nelle cose buone della vita, nella sacra scrittura, e anche in ciò che tu chiami natura: come vedendo una costruzione di un architetto che conosci bene riesci a scorgerne l'intenzionalità nei dettagli costruttivi, così io scopro l'impronta di Dio in ogni cosa, anche nei due famosi atomi che reagiscono. Tutta la teologia è una conseguenza: è la formalizzazione di quanto l'uomo ha imparato di Dio, nei secoli di relazione e storia vissuta insieme. È come l'alta matematica, che ha vita propria, ma che è iniziata e si è sviluppata a partire dalle esigenze pratiche della gente, e rende il meglio quando viene applicata, come noi ingegneri matematici sosteniamo! Se tu mi chiedi allora se credo nell'onnipresenza di Dio posso dunque risponderti affermativamente in base alla mia esperienza; non è invece che in quanto Cattolico, allora credo nell'onnipresenza di Dio. Per quanto riguarda "l'onnipresenza di Dio nel male", penso che tu abbia esagerato nel generalizzare il concetto di onnipresenza. L'errore è però comprensibile da parte di un matematico, dato che abbiamo la tendenza ad aspettarci da tutti la stessa precisione e rigore che il linguaggio matematico ha; purtroppo la teologia assomiglia alla filosofia, quindi non puoi essere così esigente - e questo è ancora a riprova del fatto che è giusto parlar di teologia a partire dall'esperienza di fede, mai parlare di fede partendo dalla teologia. Questo discorso vale anche per le altre tue obiezioni teologiche, penso: se vuoi possiamo parlarne e posso dirti cosa ne penso (ci vorrà un po' ma sono ben disposto a farlo!), ma se non si parte dalla base di una esperienza pratica, è facile perdersi nei meandri del pensiero, dove si può dire di tutto.

Penso che lo scopo della vita sia di essere felici, e ognuno trovi il suo modo per cercare di raggiungere questo obiettivo. C'è chi ci riesce e chi fallisce nel tentativo, chi persevera anche nelle difficoltà e chi si lascia andare al primo soffio di vento. Per me che sono cristiano quelli che sono "sulla via giusta" sono quelli che amano e cercano la giustizia; quelli che non sono sulla via giusta sono da incoraggiare, aiutare e informare sulla possibilità di quella che credo sia una buona vita, sempre nella loro grande libertà di scegliere da che parte stare. Questo l'ho imparato conoscendo il mio Dio attraverso gli altri, attraverso la conoscenza di quella che fiduciosamente credo essere la Parola di Dio, e la mia pur breve vita mi incoraggia, dandomi ogni giorno più volte conferma che ciò che credo sia giusto - la certezza matematica non l'avrò mai, ma se l'avessi dove andrebbe a finire la mia libertà?
Sinceramente,
Francesco