Tuesday, November 29, 2011

Un corpo tutto da scolpire



“Perché [gli uomini] dimenticano costantemente ciò che tu devi sempre ricordare, vale a dire che sono animali e che qualunque cosa i loro corpi facciano incide sulle loro anime.” *

Parole del demone Berlicche al suo allievo diavoletto, che ha il compito di portare alla dannazione eterna un giovanotto inglese che si sta avvicinando a Dio. Parole che lucidamente e freddamente leggono la natura umana, cercando i suoi punti deboli, su cui far leva. Parole che ci mettono in guardia, e che suonano tremendamente attuali oggi, nel nostro mondo moderno, che pure fa del corpo umano la sua bandiera, dichiarando di conoscerlo come non mai.

Certo non è difficile vedere oltre la superficialità di certi argomenti: si millanta di aver superato pratiche bigotte e malsane come digiuno e astinenza, e cresce sempre più l’abuso di alcool, droga, gioco d’azzardo; ci si congratula per il superamento di falsi pudori e convenzioni sulla sessualità, e ci si trova di fronte al dramma di adolescenti che mostrano il proprio corpo ad adulti in cambio di soldi per il cellulare, ma più ferialmente al disastro di coppie separate e divorziate, conviventi e risposate, con figli che hanno più genitori che nonni, ma vivono più coi nonni che coi genitori; si esulta per l’avanzare della scienza guaritrice, ma ci si trova a cercar di digerire i frutti marci del benessere, dalle allergie all’anoressia.

Il fatto è che probabilmente il nostro progredito uomo moderno non è più in pace col proprio corpo di quanto lo fossero i mesopotamici, e questo perché quello col nostro corpo non è un rapporto facile. Almeno due i rischi: quello di assolutizzarlo, e quello di ritenerlo solo un oggetto.
Assolutizzarlo facendone il padrone della nostra vita, riempiendolo di cure maniacali, per scongiurare imperfezioni, nascondere l’impronta del tempo, saturarlo di piacere. Naturalmente arriverà un momento in cui l’illusione verrà svelata, al più tardi con la morte, e il risveglio sarà duro: non confidate nei potenti, / in un uomo che non può salvare. / Esala lo spirito e ritorna alla terra / in quel giorno svaniscono tutti i suoi disegni. Full stop.

Ma anche ritenere il corpo solo un oggetto che ci appartiene, di cui possiamo disporre a piacimento senza dover render conto ad alcuno, idea magari mascherata da una nobile superiorità dell’anima sul fisico, è un rischio altrettanto grande e forse più diffuso, soprattutto tra i giovani. La comodamente miope idea che tutto sia reversibile e non porti conseguenze sulla mia persona porta a gesti che poi si pagano, inevitabilmente: dalle dipendenze, al bruciare le tappe nelle relazioni, al voler cambiare il proprio corpo, al capriccio di voler provare tutto subito perché l’attimo è da cogliere, sempre e comunque. Ma Berlicche, il demone maggiore, la sa lunga: ogni nostro gesto è inciso nella nostra persona, magari perdonabile, ma indelebile.

Che questo sguardo lungo, che coinvolge il futuro, possa spronarci a riflettere, valutare, discernere ogni gesto quotidiano, per evitare sbagli di cui potremmo pentirci.

E possiamo far funzionare questa relazione tra corpo e anima anche in senso positivo: dare il giusto valore ai gesti che facciamo, che ci formano, letteralmente incidendoci, è stimolo a bene operare, così da essere ben scolpiti. Scegliere con sapienza cosa fare col nostro corpo, in modo da diventare opera d’arte.

Francesco Grossi

* Le lettere di Berlicche, C. S. Lewis

Saturday, June 4, 2011

Invito alla lettura: i Peanuts



Noccioline per l’estate
I fumetti, si sa, sono uno dei pilastri culturali su cui poggia l’Italia (e non solo). Quante ore passate a leggere il Giornalino e Topolino nei posti più improbabili, e quante cose imparate sul mondo e sui vari personaggi storici, debitamente coperti da piume di papero! A un certo punto però si cresce, e ci si sente un po’ imbarazzati a tenere tra le mani un libro con troppe figure, e il palato s’affina e diventa più esigente: solo pochi fumetti riescono a passare la selezione. Tra questi sono i Peanuts, il mondo di Snoopy e Charlie Brown, il bambino dalla testa tonda.
Il genio di Schulz è di quelli sommessi, che non si svela al primo sguardo. Dopotutto si tratta solo di brevi strisce di quattro vignette, con un disegno stilizzato e non particolarmente elegante. Può qualcosa di buono avere un aspetto tanto dimesso? La risposta si scopre leggendo, e più si legge i Peanuts più si rimane meravigliati. Perché sono poesie, brevi piccoli componimenti che raccontano la vita, senza romanticherie o sarcasmi, ma cogliendo l’essenza e sapendo sorridere e dispiacersi per le cose che succedono. E le brevi battute dei personaggi sono di quelle che ci si ricorda anni dopo, e leggono le situazioni con sapiente ironia, tanto che vengono alle labbra spontaneamente. Così siamo Lucy quando, di ritorno da scuola, proclama che “Ci sono serie lacune nel nostro sistema educativo!”; o siamo Linus che, quando gli viene detto che siamo sulla terra per far felici gli altri, esclama: “Forse bisognerà che cominci a darmi più da fare: mi seccherebbe essere rispedito indietro!”; e siamo Charlie Brown, che di fronte ai rari complimenti che gli rivolgono, lancia un appello: “Un giorno vorrei sentire qualcosa di più del minimo!”, e che di fronte al cielo stellato propone di tornar dentro a veder la TV: “A me l’infinito mi schiaccia sempre un po’...”.
Piccole compagne di vita, le storie dei Peanuts sono come le noccioline anche perché una tira l’altra, e portarle con sé in treno o sotto l’ombrellone ripaga ampiamente del poco spazio che tengono in borsa.

Thursday, April 7, 2011

La Montagna in 7 parole - Spiritualità

Dalla vetta del Grignone, l'alba.


La montagna è spiritualità

Ogni ascensione implica un’ascesi: la prima parola arriva dal latino “salire”, la seconda dal greco “esercitarsi”, ed è evidente che per riuscire ad arrivare in vetta occorre essere preparati, e fare fatica, esercizio. Non è casuale questa analogia tra lo sforzo umano per innalzarsi dalla polverosa pianura verso l’aria sottile che si respira quando non c’è che cielo sopra e intorno a noi, e la dura scuola di spiritualità degli asceti, che raggiungono le vette più alte dell’umana sapienza. La costanza necessaria, la tentazione di lasciar perdere tutto, la rinuncia a comodità e soddisfazione dei più molli piaceri del corpo sono solo alcune delle caratteristiche comuni a questi due grandi gesti dell’uomo. Non a caso in ogni cultura l’altura è simbolo del divino, luogo a cui ci si può accostare solo con timore reverenziale, a causa della sua immensità rispetto all’uomo e dell’aura terribile, mortale, che sempre entra in gioco quando l’uomo incontra Dio o le montagne.
Tutto in montagna concorre all’elevazione spirituale: la bellezza dei luoghi ispira armonia e stupore, la vicinanza al cielo rimanda al divino, la lontananza dai rumori e dallo stress mondani concede pace e ristoro, la severa disciplina che è richiesta al corpo tempra la volontà e coinvolge il corpo nell’esperienza di ascesi, la potenza dei fenomeni naturali suscita un sacro timore, il silenzio che spesso si dilata durante il cammino invita alla meditazione e alla preghiera.
E specialmente per noi, uomini di città, troppo spesso assuefatti al grigiume frenetico del quotidiano, la montagna è kairòs, l’occasione buona che abbiamo per ricordarci che l’esistenza non è “tutto qui”.

Monday, April 4, 2011

La Montagna in 7 parole - Avventura

Incroci pericolosi su "Uomini e Topi", val di Mello


La montagna è avventura

Per quanto la tecnologia possa aumentare prestazioni e sicurezza, per quanto la colonizzazione del turismo possa antropizzare il territorio, per quanto l’esperienza possa rendere profondi conoscitori dell’ambiente e dei suoi pericoli, mettere piede in montagna porta con sé quel pizzico di imprevedibilità e di rischio che chiamiamo avventura.
A differenza di quel che agenzie turistiche e venditori vari cercano di far passare, l’avventura non è vedere bei posti selvaggi o vivere esperienze adrenaliniche o straordinarie, cose che possono essere effettuate nell’ambito di una vacanza “tutto garantito”. Avventura vuol dire mettersi in gioco, in un gioco di cui possiamo pensare di aver capito le regole, ma che nessuno garantisce rimanere sempre quelle; in un gioco il cui esito rimane ignoto fino alla fine, dato che in parte non dipende da noi; in un gioco che può anche essere rischioso, cosa che significa pericolo ma anche grande soddisfazione per chi ce la fa. In un’avventura, a differenza dei pacchetti turistici preconfezionati, si può rimanere sconfitti, magari perché qualcosa ha giocato contro di noi, o perché non siamo stati all’altezza delle difficoltà.
La più grande avventura, ovviamente, è la vita; ma tante avventure minori si possono vivere in montagna, dove la potenza delle forze della natura, la complessità e l’instabilità e spesso, l’ostilità dell’ambiente in cui ci si muove regalano quel sapore d’ignoto ai passi che muoviamo sulla roccia. Non a tutti piace questo gusto agrodolce, è vero, ma senza dubbio grandi sono le soddisfazioni che si trovano nel vincere un’avventura, e grande è la crescita umana e personale che scaturisce dall’affrontarla, a partire dall’imparare ad accettare il rischio e la sconfitta.

Wednesday, March 16, 2011

La Montagna in 7 parole - Solitudine

La montagna è solitudine
In montagna si va quasi sempre insieme ad altri, eppure una delle sensazioni che si possono provare più facilmente è proprio quella della solitudine. L’esperienza della solitudine è uno dei grandi misteri della vita, che l’uomo non può comprendere appieno: a seconda dei momenti e degli stati d’animo può essere vista come contro natura oppure come momento di fresco ristoro, come fonte di angoscia o di sapienza. Nella storia umana sono presenti sia l’orrore di Robinson Crusoe, l’uomo rimasto solo, che la saggezza dell’eremita e del monaco, capaci di confortare e di ammaestrare l’umanità con la forza spirituale accumulata nel silenzio e nell’isolamento.
In montagna la solitudine arriva rapida, anche nei pochi minuti di pausa tra un discorso e l’altro, o nei momenti in cui la fatica zittisce anche i più ciarlieri; arriva nei passaggi più difficili, quando si è da soli con il proprio corpo e lo spettro delle conseguenze di un errore; arriva quando ci si trova pochi piccoli uomini al cospetto dei giganti di pietra, che nascondono con la loro mole il resto della brulicante calda umanità. È un momento che si vive bene prendendo coscienza della propria piccolezza, che fa sì che non siamo indispensabili, e ci alleggerisce il cuore dal terribile pensiero di dover essere sempre all’altezza delle aspettative altrui; e prendendo coscienza della propria vitalità, quella forza sovraumana che ci rende attaccati alla vita sempre e comunque, anche nel momento di massimo isolamento, quando ci si sente sradicati dal ceppo dell’umanità. Allora la solitudine diventa luce per la nostra vita, infrange le nostre illusioni distorte e rende possibile un’autocoscienza concreta, limpida, vitale.

Tuesday, March 8, 2011

La Montagna in 7 parole - Compagnia

La "Scala degli amici", Bocchette Alte del Brenta

La montagna è compagnia
Incroci uno sconosciuto lungo un sentiero, e vi salutate. In qualsiasi altro ambiente ci si sarebbe limitati all’indifferenza, quando non al timore o al fastidio. Ma in montagna ci si saluta, e spesso ci si mette pure a parlare e scambiarsi esperienze, con una facilità disarmante, che solleva molti interrogativi sulla qualità dei nostri rapporti con le persone nella vita urbanizzata.
Forse ci si rende conto di trovarsi in un luogo impervio, spesso ostile alla vita, e per questo ci si sente più vicini; resta il fatto che in montagna il calore umano è abbondante, e i legami tra gli uomini si fanno più saldi, più profondi.
La dimensione tipica per vivere la montagna è quella dell’andare in compagnia, con gente fidata, a cui puoi affidare la tua vita in caso di difficoltà; forte è il senso di solidarietà e aiuto reciproco, come se tutti quanti stessero perseguendo lo stesso scopo in una grande squadra; completamente assente è l’irrisione per chi sbaglia, sostituita piuttosto da una preoccupazione per la sua incolumità. Insomma, la montagna è un ambiente che favorisce buone relazioni umane, e le tempra: da sempre la bontà di un affetto si verifica nelle difficoltà, e l’ambiente roccioso, duro e schietto, è il banco di prova ideale.

Friday, March 4, 2011

GET: impressions and jacket project

Monday and Tuesday I was in Switzerland for the first phase of the Gore Experience Tour - it was an exciting experience, and I’m looking forward to the next session (Urgnano BG, 14-15/03).



What happened in Switzerland? Well, the first day was about getting to know Mammut, which is one of the leading companies in high quality segment of the outdoor/mountain market - this means really exceptional and technical products at fairly high prices, and this is why I didn’t know the brand till last December! ;)
So we had a tour in the Mammut Headquarters, and were showed the rope-manufacturing process, which is quite interesting for me, because I rely my life on such ropes! It was somewhat funny to see that in the apparel design part of the tour, it was Lily and Gaz, the British finalists who studied Performance Sportswear Design, who asked questions (I didn’t understand all the details); in the rope-manufacturing, it was me!

What impressed me most of Mammut is the huge range of mountain products they have: technical clothing, hardware, ropes, sleeping bags, shoes... they cover nearly all the things a mountaineer can ever use! Of course this is achieved through large use of external suppliers who actually realize the products and the recent acquisitions of smaller but highly innovative companies (e.g. Raichl for the shoes), but the design, testing and quality control are in the hands of the headquarter, and they do an amazing job in creating consistent and innovative collections (every year a new collection, which consists in about 80 new products!).
The mountain jackets are of course exceptional - me and Yann (the French guy, a trekking enthusiast) were struck gaping at the Eiger Extreme collection (on the market in late 2011): you had to check with your eyes if you were wearing one of those jacket, so light and confortable they were: you couldn’t feel them!

The tour went on with a bit of fun in the local climbing gym, after a change of clothes with a set we were given as a gift (pants, tshirt, softshell gilet... one better than the other!).
There I knew once more that my style is about rock, not plastic; and long routes in the mountains, not single hard pitches.
Climbing for me is not just a sport, it’s much more, and involves seeing beutiful and hidden places, living adventures, pushing the limits of my mind, getting a bit closer to the heaven.




Anyway, after a really good dinner and a not so good night (the rooms were extremely hot, and the covers really heavy), we started designing our jackets!
For practical reasons (we are not experts in manufacturing, there is little time) we were given a jacket model (the Makalu Jacket) and a set of GoreTex of different colors, so we had to design our jacket by choosing the colors. In this way, the result should be good even if we are not professionals!

The color palette we were given.


Here is the jacket I have come up with:
  • Dark Cyan and Gray
  • Black zippers
  • Red pullers
  • GoreTex Pro Shell (the most rugged waterproof textile)



Jacket design: click to enlarge.

The hood is really good, and also the pockets are in the right places; I just have to check the sleeve lenght, so dynamic movements like those of climbing can be done without hinder.
Stay tuned for updates!